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RE-BO > Cultural District Evolved
Progetto metropolitano di rigenerazione urbana partecipata
di Planimetrie Culturali (Bologna 6 Marzo 2014) Ex Caserma Sta.Ve.Co.
La città è il frutto di una storia e di una crescita continua, dove l’interazione tra il comportamento umano e i grandi ambienti urbani è costante ed imprescindibile e la trasformazione dell’uno in funzione degli altri è continua all’interno di un processo circolare.
Per definire il luogo (come la città in questo caso) sono necessari tre caratteri comuni: essere identitario, relazionale, storico. La città è ricca di insediamenti abbandonati di origine industriale e non, che rappresentano in molti casi aree dove confluisce il degrado e si annidano problematiche legate alla sicurezza. Uno spazio così abbandonato perde il suo status identitario, relazionale e storico; spazi anonimi a cui l’uomo si è ormai quasi assuefatto.
Planimetrie Culturali, Associazione di Promozione Culturale operante nel territorio bolognese da ormai 10 anni, verte proprio alla riqualificazione delle aree dismesse di Bologna, operando sul territorio con pratiche di riuso temporaneo rivolte al cittadino e alla sua partecipazione attiva dello spazio. Pratica che aumenta e rafforza la consapevolezza della propria identità personale e collettiva e mette a disposizione uno spazio nuovamente fruibile dal cittadino a livello locale, in un divenire globale.
L’intenzione di proseguire e migliorare la progettazione del riuso temporaneo in un periodo medio/lungo può essere il motore di riqualificazione e bonifica a scala di quartiere permettendo lo sviluppo di realtà analoghe, aumentando il valore dell’area e richiamando nuovi investitori e capitali attraverso sponsorship e partnership. Aree che divengono un laboratorio dove poter osservare le tattiche di autorganizzazione della “città post-capitalista”.
Nell’economia post-capitalista le imprese investono in cultura non per ragioni comunicative o promozionali, ma per presidiare la creazione dei contenuti e dei significati: la capacità innovativa dipende dalla abilità di creare un ambiente sociale favorevole alla produzione e alla circolazione generalizzata e condivisa di conoscenza e contenuti creativi. Questo è alla base di un nuovo concetto sviluppatosi all’inizio del terzo millennio: il Distretto Culturale Evoluto. Esso è fondato sul presupposto concernente l’esistenza di complementarità strategiche tra filiere culturali differenti, appartenenti a settori produttivi diversi. I caratteri del distretto, quali la divisione del lavoro, l’apprendimento diffuso di conoscenze mirate, l’attitudine all’innovazione e lo scambio con l’esterno, la diffusione di idee e di effetti di emulazione, favoriscono la sua capacità di autogovernarsi e autoriprodursi, specializzandosi e mettendo a frutto l’innovazione e la creatività delle persone e del capitale umano. Gli elementi di governance e sviluppo del distretto sono l’unione di consuetudini sedimentate nella comunità locale ed elementi di soggettività politica finalizzati alla valorizzazione delle risorse locali.
Uno sguardo attento e ravvicinato a molti spazi in alcune città europee ci mostra come, in assenza di sviluppo immobiliare, molte aree sono diventate un terreno di sperimentazione per differenti forme di arte, musica e cultura, come pure il luogo di avvio di attività legate al sociale con progetti di abitazioni temporanee per studenti o senza tetto, o ancora spazi per eventi ludici, sportivi o per il commercio informale dei mercatini e fiere artigianali. L’ultima esperienza di riuso temporaneo è dimostrata dal centro culturale Senza Filtro: diciotto associazioni che hanno sviluppato le proprie attività all’interno dell’ex fabbrica “Samp Utensili”, attraverso la stipulazione di un contratto di comodato d’uso gratuito triennale con la proprietà, rinnovabile ogni anno. Questa esperienza ha visto una vastissima programmazione culturale, artistica, sociale e sportiva e una rete di associazioni con campi d’azione e diversi obiettivi statutari che ha permesso la fruizione dello spazio da parte di cittadini di diverse fascia d’età e classi sociali. I benefici della presenza della rete Senza Filtro all’interno dell’edificio sito in via Stalingrado 59 sono stati molteplici e interessano diverse aree tematiche, riportate di seguito:
1) Pulizia, igienizzazione e messa in sicurezza dello stabile.
I membri dell’Associazione sono entrati nello spazio dal 1 Agosto 2012 trovandolo in uno stato di forte degrado strutturale ed ambientale. I membri di una prima rete d’associazioni hanno provveduto alla pulizia e alla ristrutturazione della quasi totalità delle aree;
2) Concessione degli spazi ad Associazioni.
La mancanza di spazi, per le numerose associazioni che operano sul bacino bolognese, è uno dei problemi che le Amministrazioni Pubbliche Cittadine hanno sempre dovuto affrontare. Il ripristino di uno stabile abbandonato può’ risolvere in parte questa problematica: questo è quel che è successo nell’esperienza appena vissuta. Dopo la messa in sicurezza dello stabile, alcune aree sono state date in gestione ad associazioni che, di conseguenza, hanno operato per sistemare la propria zona di competenza sotto il controllo tecnico di Planimetrie culturali, associazione capofila.
3) Attivazione di corsi, laboratori e concessione gratuita di spazi ad Associazioni non appartenenti alla rete.
Una volta ripristinate le basilari norme di igiene e dopo aver ristrutturato le zone di competenze, diverse associazioni hanno iniziato le loro attività istituzionali, proponendo corsi e laboratori.
I corsi che si sono svolti all’interno della rete Senza Filtro, variano dalla fotografia all’italiano per stranieri. All’interno dell’area sportiva sono stati attivati corsi di Parkour, di tessuti aerei, corsi di skate (sport ancora non praticabili in spazi chiusi all’interno della città di Bologna). Un’aerea è poi stata adibita allo Spazio Tata che propone laboratori, workshops e intrattenimento per bambini ad uso completamente gratuito dei cittadini. Inoltre sono stati concessi gratuitamente diversi spazi dell’ex fabbrica a favore di associazioni o privati cittadini per l’organizzazione di corsi di yoga, clownerie, danza, prove teatrali, per citarne alcuni.
Il ripristino dello stabile, quindi, è stato da beneficio non solo per le associazioni appartenenti alla rete, ma anche esterne, permettendo così il coinvolgimento di un cospicuo numero di persone.
4) Attivazione di una programmazione originale di cultura e d’intrattenimento
Con la ri-appropriazione degli spazi è stata attivata una programmazione culturale originale che ha visto lo svolgimento di numerosi concerti, dj’s set, mostre artistiche, performance teatrali. Una gran parte di questi eventi ha avuto la libera partecipazione, mentre per altri è stato richiesto una quota di entrata necessaria per la copertura del progetto e dei costi di gestione. Inoltre la presenza di una sala adibita per eventi d’intrattenimento ha permesso a varie associazioni di organizzare eventi di auto-finanziamento per coprire i costi di realizzazione e gestione dei propri spazi.
5) Promozione della mobilità internazionale
All’interno del centro è stato creato un punto temporaneo di pernottamento per favorire la mobilità internazionale dei giovani provenienti da ogni latitudine del vecchio continente, con training specifici finanziati dall’Unione Europea con il programma Youth in Action (Gioventù in Azione). Lo spazio è stato teatro di condivisioni di idee e scambi di visioni tra persone con background culturali differenti, creando lo scenario per nuovi e futuri progetti. L’intenzione prossima della rete è quello di attivare lo spazio in maniera continuativa, aperto anche a singoli viaggiatori.
6) Creazione di posti di lavoro nel campo culturale.
Planimetrie Culturali sin dall’inizio del progetto ha iniziato un percorso diretto nell’inquadrare alcuni dei suoi collaboratori in contratti di lavoro regolari e retribuiti. Nei primi mesi del progetto l’Associazione ha iniziato a contattare commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro (tutti regolarmente retribuiti) per stabilire il miglior inquadramento possibile per queste persone. Alla fine di queste consulenze, l’Associazione ha deciso di assumere due persone con un contratto a tempo indeterminato e due persone con un contratto determinato, dimostrando che la riattivazione temporanea di luoghi abbandonati puo’ essere il motore per la creazione di nuovi posti di lavoro.
In sedici mesi l’Associazione ha speso 60.000 euro di stipendi, di cui il 60% è entrato nello casse dello Stato come gettito fiscale. Altre associazioni presenti all’interno della rete, con attività non continuative, hanno utilizzato come strumento di pagamento la ritenuta d’acconto, per quelle prestazione di collaborazione occasionali non continuative.
Inoltre sono state attivate due borse lavoro per persone provenienti da fasce protette, che hanno permesso a queste di lavorare in ambiente stimolante e creativo mettendo a disposizione lo spazio per le politiche di welfare comunale bolognese.
7) Promozione della cultura del riuso e del riciclo
Sin dall’entrata nello stabile in via Stalingrado 59, l’Associazione Planimetrie Culturali ha spronato il ri-utilizzo del materiale presente all’interno dello spazio e non solo: infatti alcune associazioni si sono adoperate nello svuotamento di uffici e abitazioni, recuperando oggetti e arredi ri-utilizzabili; altre fanno del riciclo il motore portante delle loro attività.
8) Promozione di eventi nazionali e supporto di nuove start-up
All’interno dello spazio sono stati proposti e attivati eventi di livello nazionale basati su tematiche ambientale e ecologiche, quali Gusto Nudo (la Fiera dei Vignaioli Indipendenti) e Altreconomia (Rivista di informazione indipendente); inoltre, dall’apertura dello Scalo San Donato a oggi, sono nate nuove realtà associative che hanno trovato un supporto logistico e tecnico nella progettazione di Planimetrie Culturali.
Le pratiche e le finalità del riuso
I sistemi organizzativi della vita sociale nelle città stanno subendo un profondo cambiamento; l’insieme delle iniziative finalizzate a trattare istanze collettive richiede un’innovazione nei contenuti e nei meccanismi di organizzazione. L’utilizzo di spazi in disuso per operare quest’innovazione viene concepito come un cantiere permanente aperto a sollecitazioni esterne da ospitare e rafforzare. Il riuso offre l’opportunità di creare forme di organizzazione sociale attorno a processi innovativi e di arricchimento della città, del suo sistema di servizi, infrastrutture e delle sue funzionalità; una nuova forma di socializzazione e interazione tra diversi attori e fattori di qualità urbana.
Modus operandi del riuso temporaneo
Il progetto dell’ex caserma Staveco vuole mettere in luce le potenzialità sociali del riuso, ragionando sulle forme e le condizioni di rapporto costruttivo e creativo tra istituzioni e società. Si propone di trasformare questi spazi in disuso in un village factory di nuove funzioni temporanee. Per permettere l’inserimento di queste funzioni, è necessario avere in sicurezza i locali utilizzati con interventi di base come la rimozione di detriti, il consolidamento strutturale minimo, l’installazione di sistemi antincendio, la dotazione o il ripristino delle infrastrutture primarie. Le nuove funzioni inserite possono avere a loro volta bisogno di un supporto architettonico per il loro espletamento, per esempio la divisioni degli spazi comuni. La qualità e il costo degli interventi architettonici sono commisurati al tipo e alla durata del riuso temporaneo dell’immobile e possono essere quindi suddivisi in diversi livelli. Planimetrie Culturali propone un progetto di riuso temporaneo con durata minima di tre anni, fino a un massimo di cinque. Un primo livello prevede la fornitura di infrastrutture impiantistiche primarie stabili (luce, elettricità, acqua, servizi igienici) e l’inserimento di arredi interni, esterni ed allestimenti temporanei facilmente removibili, l’utilizzo di materiali di recupero o completamente riciclabili ed infrastrutture primarie mobili (pallet in legno, ex cartelloni pubblicitari, tubi innocenti per impalcature, scarti di lavorazione plastici, lignei, metallici, teli per video-proiezioni…), il tutto mirato all’autonomia degli spazi riguardante la gestione e i costi fissi. Questo primo compito verrà espletato da Planimetrie Culturali, in collaborazione con un gruppo di associazioni partecipanti alla riqualifica dell’Ex SampUtensili, il Senza Filtro. Si prevede inoltre un percorso partecipato con la cittadinanza, così attiva, nel quale decidere le destinazioni dei vari spazi in precedenza selezionati e preparati
Questa modalità di intervento è già consolidata in molte città europee, come dimostrano il caso di intervento nell’area di South Bank di Londra o i 148.000 mq del Matadero di Madrid per citarne alcuni.
In Italia spesso l’incertezza e la mancanza di un iter corretto da intraprendere per iniziare una bonifica regolare e il gap legislativo che divide questi spazi dalle istituzioni, lascia comunque che molti progetti cadano nell’oblio ancora prima di essere sperimentati.
Con il progetto dell’ex caserma Staveco vogliamo utilizzare il patrimonio edilizio esistente in abbandono per riattivare lo spazio con progetti legati al mondo della cultura, del sociale, dell’associazionismo, dell’artigianato, con un intero spazio dedicato all’accoglienza degli studenti. Rigenerazione urbana, di un quartiere come quello di Santo Stefano e di tutta la città, creando un centro sociale, culturale, artistico e sportivo, partecipato da tutti e autofinanziato dai suoi stessi fruitori. Vogliamo intraprendere un percorso partecipato del progetto attraverso dibattiti, conferenze, tavole rotonde per lo scambio di idee ed esperienze tra istituzioni e cittadinanza per porre maggiore accento sull’importanza della bonifica urbana.
Dall’esperienza maturata, si è creata una rete di associazioni, individui e piccole realtà che ha l’intenzione di proseguire ciò che in via Stalingrado 59 non è stato possibile portare avanti con un progetto ancor più elaborato.
Suddivisione spazi
Gli spazi dell’ex Caserma verranno suddivisi e messi a disposizione di numerosi progetti copartecipati. Vogliamo porre l’accento su due caratteristiche fondamentali che sono alla base di Re-Bo: l’autofinanziamento e la partecipazione cittadina. Non chiediamo fondi pubblici, ma una partecipazione e collaborazione attiva della Pubblica Amministrazione per le attività nei suoi contenuti. All’ingresso verrà posto un bar-osteria sociale fruibile da chi il centro lo vivrà, ma anche da chi il centro solo lo attraverserà; denominati sociali in quanto primaria fonte di finanziamento del progetto.
Tre spazi indipendenti verranno destinati uno allo studentato sociale, di 150 posti, che verrà organizzato tramite una partnership con l’Alma Mater Studiorum. Gli studenti che per fascia di reddito e merito non potranno comunque garantirsi un posto nei molteplici studentati già esistenti a Bologna avranno ancora un’altra chance per aggiudicarsi un posto per un anno all’interno dello studentato Re-Bo e vivere all’interno di una fabbrica continua di idee, socialità e cultura e potranno collaborare ai numerosi progetti del centro. Un altro spazio importante sarà il dormitorio sociale per i senza tetto; infatti tramite la collaborazione con il Comune, si provvederà alla ricerca di assistenti sociali o educatori professionali per gestire lo spazio dormitorio nei 3 /4 mesi più freddi dell’anno. Lo stesso spazio nei restanti mesi sarà gestito dall’associazione Interzona 42 che creerà uno Spazio Tata ad hoc per i bambini del quartiere e della città.
L’edificio centrale sarà quello del coworking dove saranno messi a disposizione numerosi spazi e attrezzature per le numerose associazioni che vorranno entrare all’interno della rete o che ancora non hanno trovato una sede di lavoro dove poter attivare corsi, laboratori, attività ed esprimere il loro lavoro.
Oltre ad alcune associazioni già facenti parte della rete Senza Filtro verrà aperto un bando innanzitutto rivolto alle associazioni del quartiere per poter partecipare all’assegnazione degli spazi. Qualora rimanessero altre aree libere il bando verrebbe allargato ad altre associazioni di tutta la città.
Un altro stabile sarà destinato all’ostello sociale, per far sì che il centro possa attirare anche stranieri e farsi conoscere anche all’estero per intraprendere un percorso di internalizzazione del nostro lavoro, proprio come altri centri europei stanno facendo già da tempo.
Questa idea di suddivisione degli spazi e degli interventi da noi proposta è aperta a idee e suggerimenti; se il quartiere o la Pubblica amministrazione avessero necessità di proporre altre iniziative lavoreremo insieme per costruire le soluzioni migliori. Vorremmo infatti, con Re-Bo, elaborare procedure e dispositivi giuridico-organizzativi in modo che la preventiva e concreta fruizione degli spazi possa anticipare veramente una definizione precisa dei progetti e delle scelte di trasformazione; la fruizione sperimentativa come strumento progettuale.
Obiettivi Progetto RE-BO Distretto Culturale Evoluto
Oltre i benifici derivanti dalle pratiche di bonifica culturale e riuso temporaneo già elencati e messi in luce negli anni di operato sul territorio da parte di Planimetrie Culturali, il progetto presentato nasce come piattaforma dove sviluppare temi specifici rivolti al mondo del lavoro e quello legislativo.
Proposta di Legge riguardante l’utilizzo temporaneo di spazi i disuso
Negli ultimi mesi del 2013, dopo la necesittà di far fronte al problema della chiusura temporanea, abbiamo pensato di risolvere la situazione presentatasi al centro Senza Filtro in modo che sia applicabile anche a diversi soggetti operanti sul territorio emiliano e nazionale. A sostegno di questa volontà abbiamo instauarato un tavolo formato da professionisti, che possa mettere in pratica una proposta di legge che regolarizzi l’utilizzo temporaneo di spazi in disuso, pubblici e privati. Legge di cui l’economia della città, con la sua abbondanza di associazioni, onlus, comitati di cittadini, piccoli artigiani e artisti di vario genere, non potrà far altro che giovarne.
Riconoscimento della figura professionale dell’Operatore Culturale
operatore culturale è una “figura professionale” relativamente nuova, nata a metà degli anni ’90 e sviluppatasi maggiormente negli ultimi dieci anni. Svolge attività di mediazione tra il sistema artistico e culturale e i vari tipi di pubblico che fruiscono delle iniziative organizzate, attraverso la gestione di un progetto culturale, che comprende interventi di tipo gestionale, programmatorio, organizzativo e di servizio. Nonostante al momento non esistano albi professionali o titoli specifici per accedere alla professione, le università della penisola propongono una vasta offerta formativa.
A partire dall’analisi del contesto in cui deve operare, l’operatore culturale ne individua le esigenze culturali e cura gli aspetti organizzativi necessari a sviluppare l’idea di partenza e la realizzazione operativa del progetto. Le competenze necessarie per lo svolgimento di questo lavoro sono innanzitutto un’approfondita conoscenza del territorio in cui si va ad operare e un altrettanto approfondita conoscenza delle arti performative.
L’obiettivo è quello di valorizzare competenze che negli anni hanno formato lo staff che ha creato il Centro di Smistamento di Arti Differenti, Senza Filtro; riconoscere percorsi formativi universitari nell’ambito artistico-socio-culturale, che ogni anno “sfornano nuovi disoccupati”; creare nuovi posti di lavoro in un contesto dove la crisi economica è entrata a far parte della quotidianità.