JESSIE EVANS Live Show (USA) + Riccardo Pittau + Mostra ZTL
Venerdì 29 Novembre 2013, alle 22:30
Sorting For Different Arts Center, Senza Filtro.
Via Stalingrado 59, Bologna, Italy.
INGRESSO LIBERO PER I TESSERATI
JESSIE EVANS Live Show (h 22:30)
Mostra ZTL – ZONE TEMPORANEAMENTE LIBERATE
di Ass.zione Piccolo Formato
Giancarlo Rado, trevigiano, fotografa il nordest entrando nelle case delle persone, nei luoghi di lavoro e di aggregazione, descrivendo così una società in cambiamento tra sogno e disincanto, ma ancora legata al suo mondo d’origine fatto di pastori, contadini, artigiani, piccoli commercianti, impiegati, insegnati ed artisti che si raccontano facendosi ritrarre. (dalle ore 18:00)
Piccolo Formato: https://www.facebook.com/piccoloformatobologna
In mostra Marco Casella, Daniele Pulze, Milena Rossignoli, Gaetano Olmo Stuppia.
di Spazio VVVB
MaDiSpa e vvvb. Un contatto cercato, un incontro avvenuto, uno spazio trovato per essere ripensato e riproposto. Un intervallo. L’esistenza si articola in flussi e riflussi, in accelerazioni e pause. In azioni e in trasmissioni delle stesse. La vita e la sua rielaborazione, la vita e il suo essere processata. In tutto questo: la differita. La mostra di una selezione degli artisti del collettivo intende indagare lo spazio recuperato della pausa, dello sfasamento, della sospensione. Questo intervallo, che per alcuni noti pensatori è perduto, per noi invece è ricercato e recuperato, riproposto e decretato. E’ l’intervallo che vede l’arte a tu per tu con l’essere umano, lo interroga, lo coinvolge e suggerisce ad esso dei sentieri di riflessione. E’ l’intervallo davanti alla scelta. (dalle ore 19:00)
C’era una volta un’ardita bambina che viveva su una nave. Il suo nome era Jessie Evans. Era nata a Fort Bragg, una deprimente cittadina portuale sulla costa della California del nord. Suo nonno era un marinaio, così come il suo patrigno…
… ma la nave di quest’ultimo era di qualità scadente, e finì per schiantarsi contro le rocce della costa della Nuova Scozia. Jessie era a bordo durante il naufragio, e lo ricorda come un momento molto eccitante. Aveva quattro anni. Amava l’azione, e amava la musica, tanto che nello stesso periodo inizia a studiare il violino. A 12 viene sbattuta fuori dalla banda musicale della scuola per essersi calata un acido. A 18 anni se ne va di casa. Compra un biglietto di sola andata per Londra, e viaggia attraverso l’Europa suonando il suo sax per strada e dormendo in posti di fortuna. Poi torna in California, a San Francisco. Suona il sax nel quartetto femminile punk-goth Subtonix, e il basso nei The Knives.
Nel 2001 fonda The Vanishing, trio death-rock che rapidamente conquista le anime cupe di entrambe le parti dell’oceano. Il loro ipnotico sound evoca i Crass, i Chrome e i Suicide, con una Cyndi Lauper sconvolta al volante e visionari testi sci-fi. Pubblicano due album: Songs for Psychotic Children (nel 2003, per GSL) e Still Lifes Are Failing (nel 2004, per la Fatal di Hanin Elias).
Nel 2004 The Vanishing si trasferiscono a Berlino. Venti minuti dopo essere scesa dall’aereo, Jessie Evans incontra Bettina Koster. La Koster, voce e sax delle mitiche Malaria!, e Jessie, capelli scompigliati, sopracciglia depilate e cappello da pilota, sentono di avere molto in comune, e diventano subito amiche. Decidono di fare un disco insieme: Autonervous è il nome del progetto e dell’album, che esce nel 2006 e che rappresenta il culmine dell’interesse della Evans per la new wave, il legame tra due grandi artiste di due generazioni e paesi diversi.
Sciolti The Vanishing (nel 2005), Jessie inizia a costruire “l’astronave che la porterà verso il sole”. Is It Fire? è il titolo del suo primo album solista, uscito nel 2009 per la sua etichetta, Fantomette. I nomi degli artisti che hanno collaborato al disco sono prestigiosi: Toby Dammit (Iggy Pop, Swans), Budgie (Siouxsie and the Banshees, The Creatures), e poi Martin Wenk dei Calexico, etc.
Vedere Jessie Evans in concerto è un’esperienza elettrizzante. Lei, così esile, che suona il sax con tutto il fiato in corpo, gli abiti carnevaleschi. E poi, sorpresa, esce dalla vetrina (o scende dal palco) e si mischia tra la folla, ballando. “Credo che, al giorno d’oggi, il concetto di intrattenimento sia distorto. La gente va ad un concerto e sta lì a guardare, non si fa coinvolgere veramente. Ciò è noioso. Sto cercando di svegliare fuori questa gente. Desidero ritornare ad un tipo di celebrazione più ritualizzata, dove tutti possiamo ballare e sentirci bene.
“Ero una teenager quando ho iniziato a suonare, e trovavo affascinante il lato oscuro. Ma era una specie di facciata. Avevo paura di mettere in piazza la vera me stessa. Solo ora sto sviluppando la mia voce. Molti cambiamenti sono avvenuti lavorando con le drum machine. Appena ho iniziato ad inventarmi i miei ritmi, la musica ha cominciato a prendere un’altra forma. Inoltre, da quando vivo a Berlino (che è una città molto dark!) ho iniziato a desiderare qualcosa di più tropicale. La musica è come sognare. Dipingi un’immagine di dove vorresti essere, e poi è li che ti trovi”.
Il cuore del disco è stato creato a Berlino. “Ci ho lavorato in camera mia durante il lungo inverno. Mi sentivo sola, e cercavo qualcosa che andasse oltre a ciò che vedevo nelle immediate vicinanze. L’album esprime la mia disposizione d’animo al tempo: un desiderio di portare le cose al livello successivo, di fondermi con qualcosa di più divino. Era un periodo strano della mia vita, perché avevo sciolto gli Autonervous e stavo ricominciando da capo. Faceva paura, in un certo senso. Ma era anche eccitante, perché stavo facendo queste cose da sola”.
Poi Jessie e Toby decidono di andare a finire l’album in Messico. “Lì abbiamo lavorato con Pepe Mogt del Nortec Collective, che è stato un’enorme influenza sul sound e sulle vibrazioni dell’album. Ascoltavamo un sacco di mariachi, e qualsiasi cosa trovassimo nelle stazioni di servizio. La scena elettronica in Messico è interessante. Stanno uscendo dei suoni veramente nuovi, un mix di suoni tradizionali e moderni. Bands come Afrodita, Nortec Collective, Sonido Desconocido”.
“La musica è salvezza. La musica è uno dei fili che connettono le persone dall’origine dei tempi”, “Amo l’Italia. Amo il caffè, buono ovunque. Amo le persone, bellissime, divertenti e a volte così decadenti. Amo il cibo. Politicamente, è una storia diversa: la lenta caduta di un grande impero”. Jessie
Riccardo Pittau – tromba, synth, loops e samplers (h 22:00)
“Solo project” del trombettista Riccardo Pittau, che, grazie all’aiuto di synth, loops e samplers, trascinerà il pubblico in un viaggio, dove la tromba cavalca loops e suoni elettronici in continuo mutamento.
Un incontro di suoni che raccoglie le brillanti anime musicali delle sue macchine, creando una miscela altamente coinvolgente.
Poliedrico e versatile sono le parole che meglio caratterizzano questo trombettista guasilese, che nel suo stile legato all’avant-jazz unisce la tradizione jazzistica con i fraseggi balcanici e della musica tradizionale sarda. Leader del quartetto/trio “Congregation”, che ha pubblicato “V IV MMV Death Jazz (2007, Improvvisatore Involontario), e della band di rock sperimentale “HardWin”, che a breve uscirà con il suo primo disco, Pittau è membro della “Free Sardinia Orkestar” dove unisce la sua tromba ai migliori musicisti tradizionali isolani votati all’innovazione. Si dedica anche al teatro, con il riadattamento in lingua sarda de “L’Histoire du Soldat” di I. Stravinskij dove ha riarrangiato le musiche introducendo launeddas ed elettronica.
Tra le sue collaborazioni si contano Steve Lacy, i fratelli Lester e Joseph “Joe” Bowie, David Murray, Roswell Rudd, Misha Mengelberg, Evan Parker, Lawrence D. “Butch” Morris, Alan Silva, Hamid Drake, Paolo Angeli, Elliot Sharp, Andy Moor, Phil Minton, Michael Riessler, Tristan Honsinger, Chris Cutler, come solista ospite con la Boban and Marko Markovic Orkestar e con molti altri artisti e poeti come Alberto Masala, Jack Hirshmann. (Black Mamba Culture Management)